05/03/2018
Non c’è una morte più dolorosa di altre, così come non ci sono differenze nel dolore immenso di una scomparsa. È indubbio però che quella di Davide Astori abbia un impatto sconvolgente. Un atleta di soli 31 anni, andato via nel sonno durante un ritiro prima di una gara di campionato, lascia sgomenti, increduli e impotenti. Un uomo così, un calciatore come Davide, lo immaginiamo invincibile, un gladiatore dei nostri tempi, forte, sano, vulnerabile solo ai tackle degli avversari.
Ci sembra impossibile che un professionista, costantemente monitorato e senza alcun tipo di segnale premonitore, possa essersene andato in questo modo. Era una sera come tante prima di una partita, con i compagni in un albergo a condividere l’attesa della gara. La solita routine: cena, telefono, un po’ di playstation con Sportiello e poi la notte in vista del domani. Già, quel maledetto domani e una colazione a cui Davide non si è mai presentato.
Compagno di Francesca e padre della piccola Vittoria, capitano vero e professionista stimato, Davide era un uomo a cui era impossibile non volere bene. Lo dimostrano le parole e gli attestati sinceri giunti da ogni dove, privi di qualsiasi ipocrisia o frasi di circostanza. Per i valori e la condivisione di emozioni che lo sport e il calcio rappresentano è stato giusto rinviare le partite di campionato, non solo quella che avrebbe visto la Fiorentina affrontare l’Udinese.
Tragedie come queste lasciano il segno, ti costringono a comprendere il sottile filo a cui è legata la nostra vita.